Un blackout a New York. Sembrerà incredibile. Ma quell’evento diede forza agli indifesi, lì crebbe la consapevolezza degli oppressi, forse proprio in quel momento nacque l’hip hop.
Nonostante una situazione palesemente disastrosa, gli effetti degradanti delle politiche adottate dal governo della città passarono relativamente inosservate sino al 1977, quando un evento sconvolse tutti gli equilibri. In quell'anno infatti tutti i giovani furono testimoni di un grandissimo blackout che colpì la città di New York. Tutta la città letteralmente si spense. Questo provocò una perdita del controllo: gli oppressi presero coraggio e la polizia si ritrovò indifesa. Finalmente la loro forza venne prepotentemente mostrata all'establishment (classi dominanti e strutture politiche) ed essa avrebbe dovuto farci i conti. Non serviva più la sua musica, la sua arte, la sua moda. Questo evento segna, infatti, la vera nascita dell'Hip Hop.
Per le istituzioni divenne impossibile fingere di non vedere: i giovani dei quartieri neri, sotto forma di bande, erano andati in esplorazione per Manhattan e, tornati nei loro quartieri generali, avevano cominciato ad organizzarsi per una nuova e grande battaglia che doveva svolgersi con una violenza verbale, non fisica, ma straordinariamente comunicativa. Una scoperta scientifica non è generalmente attribuibile a un singolo individuo ma è frutto dell'intuizione, della ricerca e della sperimentazione di molte teste. Questo è quanto accadde per l'Hip Hop. Ci sono dei grandi personaggi, che definiremo “pionieri”, ovvero "maestri" i quali non furono che la punta di un enorme iceberg che da tempo navigava nelle acque dell'Hudson. Le situazione delle varie aree urbane e degli stessi quartieri, ormai divisi a compartimenti blindati, pur creando isolamento, aveva, paradossalmente, contribuito alla fermentazione di nuove forme di espressione, trasformando i luoghi più decadenti in un enorme mix di creatività. I giovani neri, portoricani, afro-caraibici cominciarono a riunirsi, influenzandosi a vicenda, nelle strade dei vari quartieri, nei playground, nelle metropolitane e nei parchi.
Lentamente trasformarono le loro abilità "ricreative" da occupazioni marginali ad un materiale grezzo da utilizzare per nuove forme di creatività. La città non offriva vie di uscita alla disperazione e queste persone ne crearono una su misura: il "partying". La gente cominciava ad annoiarsi, a volersi divertire e rilassare, a scappare dall'apatia nella quale vivevano. Era l'era della disco: a Manhattan si ci riversava nei club alla ricerca di musica, sesso e droga. In quel periodo nacque il mito dello "Studio 54"; la discoteca divenne un paradiso terrestre in cui tutto era lecito, dove i barman erano famosi quanto i cantanti, degli attori e degli artisti, dove il sesso era consumato liberamente come un rituale catartico, dove le menti degli avventori-adepti si fondevano, aiutati da un uso spregiudicato delle droghe, in un’orgia di sensi. Ma fuori dalla Manhattan dei ricchi, dove la gente viveva senza un soldo, sembrava esistere un labirinto senza uscita, dentro al quale, però, si nascondeva una chiave preziosa che avrebbe aperto la porta al futuro. In quel periodo i Dj delle Black Radios a New York inventavano il "talk over" (la presentazione dei dischi con sovrapposizione di parlato) e contemporaneamente, alcuni cantastorie metropolitani, inneggiavano all'orgoglio nero (blackness) con uno stile a metà tra parlato e cantato, su musiche dall’impronta jazz: questi furono i promotori del rap. Le strade, i quartieri, i parchi divennero presto teatro di una rivoluzione non violenta, alimentata da una moltitudine di giovani armati di desiderio di gioia, divertimento e riscatto, che li avrebbe accomunati sotto una stessa bandiera. Giovani intrattenitori stavano sperimentando una sorta di “medicina magica” che avrebbe salvato molte vite a quei giovani che l'aspettavano lungo le fatiscenti strade dei loro quartieri dimenticati: l’Hip Hop. Era nata quella che oggi conosciamo come " THE OLD SCHOOL".
Eccoli, i primi rappers
Gil Scott-Heron, i Last Poets, James Brown, Isaac Hayes ed altri artisti degli anni ’60, sono da considerare come antesignani dei rappers di oggi, per il modo di scandire i testi delle canzoni, per le tecniche vocali e per i messaggi sociali contenuti nei loro lavori.
• Gill Scott-Heron: è stato un poeta e musicista statunitense. Conosciuto principalmente tra la fine degli anni sessanta ed inizi degli anni settanta come autore di spoken word (ovvero poesia recitata su basi musicali), è emerso prepotentemente per il suo attivismo militante afroamericano. È considerato da molti uno dei padri (tanto musicali quanto "spirituali”) di generi quali il rap e l'hip hop.
• Last Poets: gruppo di poeti e musicisti statunitensi di colore, nato dal movimento per i diritti civili degli afroamericani degli anni sessanta. Diffusamente menzionati come una delle prime influenze di quella che sarebbe diventata la musica hip hop, insieme a Gill Scott-Heron aprirono la strada alle future “figure” degli MC.
• James Brown: grande musicista considerato una delle più importanti ed influenti figure della musica black del XX secolo, rappresenta il precursore dell’evoluzione della musica gospel, rhythm and blues, soul, funk ed in seguito del rap e della disco music. James fu motivo di ispirazione, per l’hip hop, di nuovi passi di danza carichi di allusioni sessuali e creò nuovi temi di spunto per i testi delle canzoni, tratti dall’immaginario gangster.
• Isaac Hayes: statunitense, è stato forse uno dei musicisti più influenti del suo periodo (anni 60/70) e ha gettato le fondamenta per il soul sound di Memphis (sottogenere della soul music, caratterizzato da un tipo di suono sofisticato e contemporaneamente funky, prodotto da fiati, organo, basso e batteria). Divenuto uno dei precursori della disco e del rap, nonché il doppiatore del personaggio di “Chef” in South Park, Hayes è un'icona che ha lasciato un'impronta indelebile anche nella storia della musica cinematografica.